Hammamet, di Massimiliano Perrotta: al CRT di Milano una serata dedicata a Bettino Craxi

 

 

 

 

 

Teatroteatro.it (www.teatroteatro.it) - 28 febbraio 2009

 

Bettino Craxi è uno di quei personaggi della storia politica e civile italiana il cui nome, da solo, ha un potere di evocazione particolare, condensando dentro di sé conflitti, valori e battaglie di un decennio intero: gli anni ’80.

Per questo è ancora oggi simbolo di contraddizione, considerato, com’è, un martire dalla metà della popolazione italiana, e un bandito dall’altra metà. Comunque lo si etichetti rimane un fatto: la sua memoria, a nove anni dalla morte, è ancora viva e capace di aggregare intorno a sé una bella fetta bipartisan di fu elettori del vecchio PSI. Lo testimonia l’evento ospitato negli spazi del CRT di Milano, la città natale di Bettino, Il 24 febbraio 2009, 75esimo della sua nascita. La serata inizia con la proiezione del documentario La roeuda la gira (la ruota gira), realizzato dall’ex-sindaco di Milano, nonché cognato di Craxi, Paolo Pillitteri. Ventun minuti di filmato dedicati, più che alla memoria, alla sua assenza: in primo piano la casa vuota di Hammamet, il piccolo cimitero annesso alla villa, dove Bettino è stato sepolto, il capanno dei pescatori sulla spiaggia, dal quale l’ex-presidente del consiglio sognava l’Italia. Una vera apologia del politico e dell’uomo, girata a tratti spessi, ricchi di pathos, chiaramente orientata a sobillare la coscienza dei vecchi detrattori, ma anche a rinfocolare l’orgoglio di chi, in piena bufera Mani Pulite, si schierò apertamente in difesa di Craxi. Le reazioni in sala sono ottime, a giudicare dal brusio che accompagna la proiezione per tutta la sua durata, e dagli scroscianti applausi finali. A seguire, la piéce Hammamet, di Massimiliano Perrotta, già debuttata al Teatro Tordinona di Roma il 25 novembre 2008. Passando dal documentario alla messa in scena, il tenore complessivo della serata non cambia: il fuoco si sposta dalle immagini alle parole di un Craxi già in esilio che, nella sera della sua vita, scava nel ricordo, accumula riflessioni, snocciola aneddoti e massime, ergendo in propria difesa la morale del buon senso politico e della condivisione di responsabilità. Roberto Pensa dà vita a un Bettino compassato, tetro, un po’ caricaturale nella sua ricerca di una gestualità marcatamente riconoscibile, ma tutto sommato spontanea e credibile. Il suo discorso è scandito dalle brevissime apparizioni di un corifeo, Emanuele Carboni, che introduce argomenti e orienta considerazioni, e dagli intermezzi danzati di Barbara De Blasio su musiche originali di Emanuele Senzacqua. Il contenuto artistico di Hammamet è povero, non potrebbe essere altrimenti, d’altronde la qualità intrinseca dello spettacolo non può essere valutata interpellando parametri e coordinate di gusto. Se così facessimo, probabilmente non avremmo nulla da salvare nella pièce: a partire dalla messa in scena slegata e discontinua, passando per la scarsa efficacia interpretativa del carattere principale, per poi arrivare all’incomprensibile funzione svolta dalla danza all’interno di un discorso eminentemente politico ed esegetico. Quel che rimane è il nobile intento alla base dell’operazione: ricordare, spiegare, rapportarsi criticamente alle scelte di Craxi, dei magistrati, della classe politica e dell’opinione pubblica italiana tutta in quegli anni, se non altro, per amor di verità. Le parole di Perrotta, in questo senso, centrano il bersaglio, intercalando e citando il pensiero del protagonista con lucidità. Non un’operazione retorica quindi, ma un esame critico delle responsabilità, che aiuta a gettare un po’ di luce in più su un pezzo di storia del nostro paese che rischia pericolosamente di scivolare nel dimenticatoio.