Il Sahara come eremo

 

 

 

 

 

Ilaria Mulè - Mag On (www.pollinonline.com) - 29 giugno 2010 

 

Domani 30/6 nell’ambito della messa in scena al teatro Vittoria (Roma, zona Testaccio) di “Hammamet”, regia di Massimiliano Perrotta, saranno lette quattro poesie inedite di Bettino Craxi.

Gli spot elettorali, i filmati dei Tg, le foto lo ritraggono per quell’uomo alto e corpulento che era. Il sorriso espanso fa pensare al fanciullino di Pascoli rimasto pervicacemente dentro la stazza del gigante. Da Salgari a Garibaldi, a Nenni, a Pertini, lo slancio ideale alle grandi e fiere imprese è vocazione certa. La caparbietà pure non manca. L’apprendimento quasi filiale tratto dal giornalista partigiano, vecchio dirigente emiliano del PSI e dal 1970 senatore a vita, e la laboriosità diligente, operosa, prestata alla politica di base in tanti anni, hanno forgiato il leader. La parabola discendente a Hammamet lo vede amareggiato ma non propriamente sconfitto. Dagli ambienti della “Milano da bere”, in territorio nordafricano, si dedica alla produzione litografica e lirica.

Accusato di un tenore da Nababbo persino in esilio, Craxi ha conservato un’anima semplice. Avrà consumato povere cene, rimpiangendo forse l’era pre-industriale, al confino, come Cesare Pavese a guardar fuori dalla finestra. Tra l’ascendenza messinese e la nascita lombarda avrà vissuto doppia l’appartenenza del sangue, se non un sentimento affine all’ambivalenza affettiva dell’ebreo-cattolico, italiano sotto podestà austriaca, Umberto Saba. Come il triestino, sceglie uno stile umile, anti retorico, che non declama. Le sue rime sono piuttosto assonanze, che sottendono un vanto rimasto intatto: l’attaccamento al “vero”, che rende scomodo chiunque osi, superate le parvenze, il faccia-a-faccia con la realtà.
L’angelo custode a cui si rivolgono i bambini e i puri di cuore diventa nell’adulto scaltro la Musa ridotta in pianto, offesa dagli intrighi umanissimi e corruttori che ai “focolari” fanno preferire “magici bagliori”. L’istrionismo ipocrita, allegro e farlocco della coorte è un ricordo di fanfare in lontananza, adesso l’intento è il riparo, poter chiudere i conti. La vita viene letta secondo le sue dinamiche urbane di sopravvivenza, le persone immortalate a protendersi sulla cima per la gloria mondana, in un moto indefesso, a ciclo continuo, fino al dirupo nelle immondezze, per un tozzo di pane. Torna il ricordo del sacrificio cristico, lo schema di azione fissa del tradimento, la bestialità del mercato che per trenta denari vende il cantore, il sé superiore, il supercosciente. La distesa sabbiosa magrebina offre l’ultima percorribilità all’ora del tramonto, il promontorio tunisino è luogo in cui passare la notte e affidare al cielo berbero il sussurrio di saluto alla Madonna.

Nenni e Craxi candidati in gioventù alla missione sacerdotale, accomunati da un’indole incline alla militanza e refrattaria alla tirannide stalinista, combattenti riformisti e democratici, nelle alleanze per governare hanno configurato la costrizione a ghetto del PCI. E’ stato pagato un prezzo, per tanto ardire.

Lo spettacolo con Roberto Pensa e Lorenzo Mercante, danze ideate e eseguite da Barbara De Blasio, musiche originali di Emanuele Senzacqua, voce di Simona Braida, scritto e diretto da Perrotta, si avvale della consulenza storica di Mattia Feltri.