"Ginevra", perdersi dentro un bicchiere

 

 

 

 

 

Ilaria Mulè - Mag On (www.pollinonline.com) - 3 giugno 2010 

 

Nei bar, nelle osterie, a ridosso delle fontane nelle piazze, a zonzo per strada spesso si fanno le migliori conversazioni. In “Ginevra” di Massimiliano Perrotta due signori seduti al tavolo di una bettola parlano del male del mondo. Non il perché del dolore, ma il come dell’esistenza, è questo il tema. Il dottor Coppola e il professor Caruso discettano sui destini dell’umanità con semplicità e delicatezza di tono. Ripropongono la secolare contesa tra Dio e gli scienziati sulla reggenza delle sorti. Nessuno dei due sembra essere credente. Entrambi interpretano un comune sentire che vorrebbe sconfiggere la morte. Uno amerebbe l’immediatezza della soluzione al problema, inclusa persino la possibilità di prolungare il migrare dei giorni fino all’estremo limite. L’altro dichiara la necessità delle lacrime da consolare più della consolazione stessa, quasi che a essere accontentati si perda qualcosa. Fideismo, scientismo, scetticismo, empirismo, a prevalere è il realismo magico. I due dotti a un certo punto vedono avvicinarsi Luciano, l’oste, vedovo ancora innamorato che propone di bere insieme un bicchiere. Il nome della moglie ritratta in foto (con la quale continua a monologare a fine serata come sempre) suggerisce un certo romanticismo cavalleresco, descrive la nostalgia dell’amore avuto e la speranza di un altrove metafisico in cui la persona intera possa ritrovare il suo stesso immutato amore per una donna che non c’è più. Rilevante nella disputa è il volontario aggiramento da parte del regista della dottrina della Chiesa, dogmi e così via, fatta salva la premessa che rimbomba all’inizio del corto, ossia la preghiera ambientale di Paolo VI che introduce al cuore dei ragionamenti: la risurrezione della carne e la vita eterna. In “Ginevra” la complessità ingenua sta nel proporre uno scambio di battute tra i convenuti, che però, omettendo di considerare le vicende di Cristo Gesù e del calice di ebbrezza che redime chi lo vuole, fanno i conti senza l’oste. L’atto unico di Perrotta ospite del festival della drammaturgia italiana per corti teatrali diretto da Renato Giordano, “Schegge d’Autore” al Teatro Tordinona di Roma, è interpretato dagli attori Roberto Pensa, Stefano Benassi e Benedetto Cantarella.